PICCOLI GESTI QUOTIDIANI

Tutto è iniziato dopo un lutto molto pesante in famiglia, ero disperata, la mia vita era diventata inutile, priva di senso.

Fu allora che decisi che parte della mia esistenza l'avrei spesa per il dolore degli altri. Non sapevo come, ma l'avrei fatto.

Siccome nulla è per caso, dopo qualche giorno vidi sulla vetrina di un negozio la locandina dell'Associazione Fabio Sassi che allora si occupava dell'assistenza ai malati terminali a domicilio.

Mi presentai al colloquio, feci il corso richiesto e, dopo la valutazione dello psicologo, venni accolta nella grande famiglia.

Avevo paura di non essere all'altezza, poiché la malattia e tutte le sue espressioni mi avevano sempre impressionato: cercavo di stare alla larga il più possibile da certe situazioni di sofferenza, ma ero cambiata, volevo stare vicino alle persone che soffrivano come avevo sofferto io, volevo dare la mia solidarietà, la mia esperienza di vita, la mia disponibilità.

Ora svolgo il mio volontariato presso l'Hospice Il Nespolo.

L'associazione è come una grande famiglia composta da medici, infermieri, volontari, malati e i loro famigliari: non ci si sente mai soli, si è sempre supportati e aiutati.

Il malato in questa struttura viene accolto con amore e professionalità.

Quando dico "amore" non voglio banalizzare la parola ormai usata troppo frequentemente e a volte con troppa leggerezza; nell'Hospice "amore" significa sensibilità, gentilezza, empatia, volere che l'ammalato stia bene in ogni senso.

Il compito del volontario è quello di farsi vicino con discrezione, farlo sentire a proprio agio nella sua nuova casa, aiutarlo nelle piccole necessità quotidiane; a volte, nei casi più avanzati della malattia, sedersi vicino tenendogli la mano in silenzio.

Nell'Hospice regna un'atmosfera di pace e serenità che i malati apprezzano molto.

Ricordo un signore anziano che era venuto in Hospice per un periodo di sollievo alla famiglia; mi disse: "Qui si sta proprio bene, voglio stare sempre qui".

Ricordo un altro ospite che mi disse le stesse cose in modo molto simpatico.

Mi era stato richiesto di andare a fare compagnia a un malato che non voleva parlare e nemmeno che il volontario gli rivolgesse la parola. Mi sedetti vicino al suo letto senza dire nulla, rispettando la sua volontà: ero indecisa se prendergli la mano, lo feci, lui non la ritrasse. Passò circa un'ora nel silenzio più assoluto, ma non era un silenzio imbarazzante o vuoto, era un silenzio piacevole.

Ad un tratto la sua voce ruppe quella tranquillità e disse: "È bello questo impianto". Io non capii il significato della frase; lui, vedendo la mia perplessità, mi spiegò: "Mi piace questo posto, si sta bene" e ritornò nel suo silenzio.

Quella frase diceva tutto, l'Hospice aveva raggiunto il suo obiettivo.

Anche i famigliari si sentono bene nella nostra struttura, tutto è messo a loro disposizione, vogliamo che si sentano come a casa loro.

Il volontario con discrezione accoglie le loro confidenze, il loro dolore, a volte le loro domande a cui non sempre riesce a dare risposta.

Un parente mi disse: "Quando andiamo a casa siamo tranquilli perché sappiamo che voi sarete vicino al nostro papà come se ci fossimo noi".

Un giorno, entrando in una camera, il famigliare di un nostro ospite mi disse: "È bello essere sempre accolti dal vostro sorriso".

Sono davvero le piccole cose, i piccoli gesti che rimangono impressi nel cuore delle persone. A volte ci si sente impotenti, si vorrebbe fare di più, essere di più, poi frasi come questa fanno capire che si è sulla strada giusta, che in queste esperienze sofferte a volte basta un sorriso.

STANZA 10: Le Strelizie

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